In un’intensa intervista nella trasmissione Storie di donne al bivio, condotta da Monica Setta, l’attrice Vanessa Gravina ha scelto di aprirsi con grande sincerità su un capitolo molto delicato e privato della sua vita: l’interruzione volontaria di gravidanza avvenuta in gioventù. Oggi cinquantenne e nota al grande pubblico per il suo talento e le sue interpretazioni in serie come Il Paradiso delle Signore, Vanessa ha voluto condividere le implicazioni profonde che quella scelta ha avuto sul suo percorso personale, affettivo e sulla sua visione della maternità.
L’attrice esordisce chiarendo che, nel suo caso, si è trattato di una decisione consapevole. Non c’è stato un aborto spontaneo né una perdita improvvisa: è stata una scelta volontaria. Tuttavia, Gravina mette subito in evidenza quanto tale esperienza sia stata comunque estremamente dolorosa e traumatica. Afferma con forza che anche se le due situazioni – aborto spontaneo e interruzione volontaria – sono diverse, entrambe lasciano un segno profondo nell’anima di una donna.
Il contesto in cui è maturata quella decisione era complesso: Vanessa era molto giovane, e il compagno dell’epoca, appena diciottenne, probabilmente non aveva né la maturità né le risorse emotive per affrontare una simile responsabilità. Ma più che l’età, è la sua visione profonda dell’affettività a spiegare la sua scelta: per lei, un figlio deve nascere da un legame sincero, da un amore condiviso e da progetti di vita comuni. Cresciuta come figlia unica in una famiglia separata, Vanessa ha sempre avuto un rapporto quasi sacro con l’affettività e la famiglia, e proprio per questo ha scelto di non mettere al mondo un bambino in un contesto che non garantiva stabilità o amore reciproco.
Nonostante ciò, Vanessa ha spiegato di non essersi mai sentita in colpa per quella decisione. Tuttavia, col tempo, il desiderio di maternità è tornato a farle visita, in modo sempre più forte e consapevole. E qui la riflessione si fa ancora più intima: l’esperienza vissuta da giovane l’ha profondamente segnata, al punto da diventare una sorta di ferita silenziosa che ha influenzato tutte le sue scelte future, anche quelle inconsce.
L’attrice parla apertamente di una sorta di autoesclusione preventiva: ha sempre impostato la sua vita personale e professionale in modo da evitare qualsiasi possibilità che un evento simile potesse ripetersi. Ha voluto proteggersi, creando intorno a sé un equilibrio che la tenesse al sicuro da nuovi traumi, anche a costo di rinunciare a desideri profondi. Questa cautela ha influenzato anche i suoi rapporti sentimentali e il modo in cui si è avvicinata o allontanata dall’idea della maternità.
Poi, con la maturità, con la chiusura di alcuni cicli esistenziali e con una maggiore comprensione di sé, quel desiderio di diventare madre si è ripresentato, più lucido, più forte. Vanessa confessa di aver valutato concretamente la possibilità di ricorrere alla procreazione assistita, forse una delle ultime strade percorribili. Ma, alla fine, anche questa opzione non è stata intrapresa. Una scelta definitiva, frutto non più del dolore, ma della consapevolezza.
L’intervista si trasforma così in un potente momento di riflessione sul diritto delle donne di scegliere, ma anche sul prezzo silenzioso e spesso invisibile che alcune scelte comportano. Il racconto di Vanessa non è un’accusa, né una difesa: è la testimonianza autentica di una donna che ha affrontato il bivio della vita con onestà e responsabilità. Non ha cercato scorciatoie, non si è nascosta dietro giustificazioni. Ha solo fatto quello che, in quel momento, le sembrava giusto per sé e per quella vita che avrebbe potuto nascere.
Il racconto è denso di emozione e di dignità, privo di vittimismo ma ricco di consapevolezza. Vanessa Gravina riesce a parlare di un tema così delicato con parole misurate ma potenti, offrendo a chi ascolta non solo un frammento della sua storia personale, ma anche uno specchio in cui molte donne – e uomini – possono riconoscersi. Un messaggio che invita alla comprensione, al rispetto e, soprattutto, a un ascolto più profondo delle vite altrui, anche quando ci sembrano distanti dalle nostre esperienze.