La seconda parte di questa intensissima vicenda si apre con Şirin in uno stato di totale smarrimento. Bianca in volto, confusa e incapace di reagire, si rifugia in casa dopo aver abbandonato l’auto, tormentata da un nome che le rimbomba nella testa: Alp. È l’eco di un passato che non smette di perseguitarla, un nome che diventa ossessione, filo invisibile che la lega al suo destino.
Mentre la sua mente vacilla, altrove il clima è apparentemente più sereno: Enver, Jale e Jelit accompagnano la futura sposa in un negozio di abiti da matrimonio. I tessuti brillano sotto le luci, i cristalli e le perle esaltano l’eleganza di Jale, che si specchia emozionata in quell’abito che sembra cucito per lei. Enver resta senza parole, convinto che quello sia il vestito giusto, ma il prezzo proibitivo riporta tutti alla realtà. L’entusiasmo si spegne quando si rendono conto che non possono permettersi quel lusso. Un piccolo spiraglio di gioia che svanisce in un attimo, come spesso accade nelle loro vite segnate dal sacrificio.
Intanto, il cuore della tensione torna a battere nella casa di Şirin. Hatice la mette alle strette: ha scoperto che la figlia le ha mentito. Non è mai stata da Nesrin, come aveva raccontato, ma da Bahar. Inizia un duro scambio di accuse: la madre la interroga su un misterioso uomo che avrebbe incontrato, convinta che la figlia nasconda qualcosa di enorme. Şirin si infuria, rivendica la sua privacy e chiude bruscamente la porta in faccia alla madre, lasciandola con più sospetti che certezze.
La verità però non può essere rinviata per sempre. Hatice, sostenuta da Jale, decide che è arrivato il momento di parlare con Şirin del midollo compatibile. A cena, in una serata carica di tensione, la madre le rivela l’indicibile: lei è l’unica che può salvare Bahar. L’impatto è devastante. Şirin reagisce prima con furia, poi con un improvviso spiraglio di umanità. Assicura che donerà il suo midollo, quasi scandalizzata dal fatto che qualcuno possa pensare che lascerebbe morire la sorella. Ma dietro questa dichiarazione si nasconde un tormento: è braccata, seguita da uomini misteriosi che la minacciano e le impediscono di raccontare a Bahar che Sarp è vivo. Ogni tentativo di confessione è soffocato da telefonate glaciali, biglietti inquietanti, ombre che la inseguono.
Nel frattempo, le vite degli altri personaggi scorrono tra matrimoni da organizzare e bambini da crescere, ma tutto sembra gravare sulle spalle di Bahar, ancora inconsapevole del baratro che si apre davanti a lei. La speranza di un donatore compatibile riaccende la sua forza, ma Sirin vive ormai un incubo parallelo: sa troppo, ma non può parlare.
La situazione precipita quando Hatice decide di chiedere il divorzio da Enver. Una scelta sofferta, ma inevitabile. La notizia, però, cade come una bomba su Şirin: la ragazza non può accettare che i suoi genitori si separino. In preda alla rabbia, accusa Bahar di essere la causa di ogni male. Secondo lei, da quando la sorella è tornata nelle loro vite, nulla è più stato come prima. Con le lacrime agli occhi, implora la madre di rinunciare a quel passo, ma Hatice resta ferma: non tornerà indietro.
Sconvolta, Şirin fugge via e, in un gesto disperato, contatta l’azienda a cui è intestata l’auto di Sarp. Fingendosi un’amica, riesce a mettersi in contatto con lui. La voce dall’altra parte la pietrifica: Sarp è vivo. Con voce tremante inizia a rivelargli che Bahar e i bambini non sono morti, ma non riesce a finire la frase. Una presenza sinistra interrompe tutto: Munir, con una pistola puntata su di lei, la costringe al silenzio.
È qui che la trama esplode nel suo punto più oscuro. Munir la trascina in un edificio spoglio e gelido, la isola da ogni contatto esterno, le ruba il telefono e con voce glaciale le impone una scelta disumana: chi deve morire per primo, suo padre o sua madre?. Due schermi davanti a lei mostrano in diretta Hatice ed Enver, ignari, intenti a vivere la loro quotidianità. Sirin resta pietrificata, il cuore stretto nella morsa di un ricatto impossibile. Munir, con sadico compiacimento, le sussurra che se non deciderà, sarà lui a scegliere al posto suo.
La crudeltà è assoluta. Şirin implora, piange, si dispera. Sa di essere in trappola, senza via d’uscita. L’uomo non ha pietà: le ricorda che presto sentirà solo un rumore secco, e dopo quel rumore saprà chi dei due non c’è più. È un ricatto che lacera l’anima, la più terribile delle torture psicologiche.
Intanto Levent, all’oscuro di tutto, tenta disperatamente di rintracciarla, ma ogni chiamata cade nel vuoto. La verità inizia a emergere: Şirin non è dove tutti credono che sia, è prigioniera, schiacciata da un segreto che rischia di distruggere non solo lei, ma l’intera famiglia.
La puntata si chiude sospesa su questa domanda atroce: Şirin riuscirà a salvare i suoi genitori o sarà costretta a condannare uno di loro? Nel suo cuore brucia ancora l’amore malato per Sarp, l’uomo che crede il suo unico rifugio, ma il prezzo della verità è diventato insostenibile.